I vissuti emotivi delle persone colpite da Covid e dei loro familiari.
Ormai è più di un anno che viviamo in questa situazione di pandemia che ci ha costretto tutti a modificare radicalmente le proprie abitudini e a fare sacrifici più o meno grandi.
Premetto che non voglio occuparmi di questioni politiche che esulano dalla mia competenza!
Prima più si voleva bene a una persona più si entrava in contatto con lei, la si abbracciava, si andava a trovare i nonni e i parenti lontani. Ora invece è bene tenere le distanze, abbracciarsi di meno e stare da soli, quello che ci può unire è uno schermo bidimensionale per poter vedere le persone senza mascherine.
Anche la mascherina ha cambiato notevolmente il nostro modo di comunicare, non so voi ma all′inizio mi sono dovuta abituare a sentire le persone parlare senza vedere le labbra muoversi, o ancora riuscire a capire uno stato emotivo di una persona senza poter vedere il volto nella sua interezza, volto che è luogo privilegiato di manifestazione delle emozioni. Così come mi succede di fare comunque smorfie o sorridere per una foto o per salutare qualcuno anche se il sorriso non si vede. E non intendo per forza i sorrisi quelli che coinvolgono il volto intero ma quelli di circostanza o comunque parziali che usiamo molto spesso.
Fatta questa premessa indispensabile volevo fermarmi un attimo per riflettere sui vissuto emotivi devastanti delle persone colpite direttamente dal Covid.
Ormai siamo abituati a sentire i bollettini con i numeri dei morti al giorno, o i numeri di persone ospedalizzate come se fosse qualcosa di impersonale, semplici statistiche (e a volte lo si pensa sul serio per preservarci dalla sofferenza reale). E si è arrivati anche ad essere felici che ci siano pochi morti piuttosto che molti, e va benissimo, ma vorrei farvi riflettere su una singola persona, sull′importanza che ognuno di noi ha per il fatto stesso di essere vivo e di essere in relazione con altri esseri umani.
L′isolamento in ospedale dai propri cari, in mancanza di ossigeno, durante il quale si fa fatica a respirare, dove manca l′aria... Ossigeno così importante per noi e donatoci dalle piante che per anni non abbiamo fatto altro che devastare e radere al suolo senza preoccuparci delle conseguenze (e non si tratta di essere ecologisti o la Greta di turno).
L′angoscia dilagante della morte, ce la farà superare questa malattia o sarà uno di quei numeri dei decessi quotidiani?
La solitudine di non poter ricevere visite dei propri cari che a volte si compensa con il farsi forza tra compagni di stanza, dove magari poi si creano amicizie e ci si continua a sentire anche fuori.
Ma sapete ogni persona ricoverata è la nonna o il nonno di qualche bambino più o meno grande, è la moglie o il marito che ha dovuto lasciare il coniuge a occuparsi di tutto, è l′insegnante storica delle elementari che hanno amato tutti.
Provate anche solo per un secondo a ricordarvi di quando avete subito un lutto, magari un nonno... quel lutto, quel numero 1 in una statistica, in quel momento era tutto. Era la sofferenza, la tristezza e la disperazione pura di non poter abbracciare più il proprio caro. Ora, solo per un attimo, perchè è troppo doloroso sopportarlo, provate a moltiplicare quei sentimenti per 113.000 decessi. È devastante.
Con questo non voglio far sentire in colpa nessuno per continuare a vivere la propria vita come se nulla fosse, o perchè si è deciso di minimizzare il problema o perchè tanto è tutta una congiura. È chiaro anche che ci sono moltissime morti ogni giorno per una moltitudine di altre cause.
Ma vorrei concludere con l′invito a provare a essere più umani, a cercare di integrare anche la sofferenza in questa vita creata per far esistere solo il piacere e il tutto e subito.
Forse questa pandemia ci serve per ricordarci che siamo solo ospiti su questa terra e non i padroni, che non possiamo controllare tutto e che forse dovremmo essere più sensibili e attenti a chi o cosa ci circonda, perchè l′altruismo e la solidarietà sono bellissimi e a volte vengono fuori solo nei momenti di maggior bisogno.